OLTRE LA LAMPADINA DEL LAMPIONE DIETRO CASA … MARCO MORI SINDACO DI GENOVA
… estratto dal programma di Marco Mori, candidato Sindaco a Genova.
Ma non solo, come accennato sopra, impostare politiche basate sul solo potenziamento delle esportazioni implica aritmeticamente l’intervento deflattivo sui salari fino alla totale disapplicazione, già in atto, dell’art. 36 Cost. che prevedeva un parametro chiaro a cui ancorare la retribuzione, ovvero la proporzionalità alla quantità e qualità dell’opera prestata, ma in ogni caso la sufficienza della stessa a garantire al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
In sostanza noi non dobbiamo più competere sui mercati internazionali, le bestie competono!
Gli uomini devono cooperare, ergo dobbiamo tornare allo sviluppo della nostra domanda e del nostro settore produttivo, ripudiando politiche mercantiliste e la stessa globalizzazione, che anzi andrebbe chiamata “glebalizzazione”, visto la tendenza di tutta l’economia mondiale ad aggiustare gli squilibri della bilancia dei pagamenti nazionali attraverso l’abbattimento dei salari. Secoli di lotte sindacali vanno in fumo per quattro regole criminali volute da un gruppetto di speculatori finanziari che oggi i nostri politici servono e frequentano con sempre maggiore dedizione.
Leggendo alcune parti del testo, magari prese singolarmente, sembrerebbero avulse da un contesto locale. Cosa c’entra con un Comune, con una comunità locale che deve confrontarsi con i problemi giornalieri, la pulizia delle strade, il degrado delle periferie, l’edilizia scolastica, il trasporto locale, il lampione rotto.
Forse la grandezza del progetto sta proprio in questo, far capire alle persone che un buon Capitano non si preoccupa di tenere la cabina pulita se la nave sta correndo verso l’iceberg. Certo, se l’orchestra ha il coraggio di continuare a suonare fino a quando l’acqua non li sommerge lascerà ai posteri il senso della sua dignità, il saper morire affrontando la paura, senza cedere alla voglia di urlare e tentare un’inutile fuga. Ma qui nessuno ha voglia di morire prima del tempo!
E il buon Capitano non fa così, mantiene il suo equipaggio ai propri posti, assicura il servizio fine alla fine ed è lì sul ponte, manovra il timone e cerca di spostare la direzione della sua nave anche se questo gli costerà cambiare rotta o arrivare in ritardo sul ruolino di marcia. Le persone a bordo in fondo si aspettano questo, a nessuno piace l’idea di finire nell’acqua gelata a miglia di distanza dalla costa.
Ora, a cosa serve occuparsi di come sarebbe meglio cambiare la lampadina al lampione sulla strada quando questa è talmente malridotta da non permetter più il passaggio delle auto? Oppure interrompere il servizio di pulizia del parco pubblico per trovare i soldi per comprare le lampadine o ancora, e peggio, aumentare le tasse locali e mettere in difficoltà ulteriori le famiglie per dire di aver illuminato via lemanidalnaso?
Di cosa deve occuparsi un Sindaco oggi o, soprattutto, di cosa si può occupare un Sindaco oggi? Di portare bene i conti, togli di lì e metti di là, accendi una luce e ne spegni un’altra. Fare tutto in modo che la somma sia sempre zero. Ecco, in questo caso la domanda giusta sarebbe: e allora, a cosa serve eleggere un Sindaco? Tanto vale cominciare a risparmiare anche su questo, e sulla sedia più alta del Comune ci mettiamo un bravo ragioniere, un contabile, uno che sappia fare le quattro operazioni e piazzare qualche percentuale al posto giusto.
Oppure… oppure Marco Mori. Che mi piace perché dice quello che qui a Ferrara diciamo da 5 anni, nello stesso modo, con gli stessi esempi e segue la strada del: “io vi dico la verità. Potete scegliere tra l’oblio, la schiavitù contabile, arrendevi ad un destino ineluttabile fatto di tagli, privazioni, servizi scadenti oppure alzate la testa e affrontiamo insieme il problema alla fonte.”
E rendiamoci conto che questo tocca farlo sapendo che non sarà facile ma mettendoci nell’animo dell’orchestra della nave: se devo affogare almeno lo faccio con dignità!
Non possiamo pensare a mettere le toppe ad un sistema che di fondo ci assimila alle bestie, ci costringe a competere piuttosto che cooperare. Nelle città competono persino le scuole medie su chi ha più LIM o più certificazioni di qualità che in pratica le equiparano a delle aziende private (pazzesco!), invece di organizzarsi tutte insieme per migliorare il livello di istruzione, portare tutti gli studenti ai livelli più alti senza selezionare, escludere, dividere, fare le differenze.
E competere a livello di Nazione significa oggi aumentare le esportazioni, cioè far entrare soldi freschi dall’estero, non potendoli avere da nessuna altra parte (in questo sistema, sottolineo). Ma dico, possibile che non ci si renda conto che per basare il proprio sviluppo sulle esportazioni bisogna rendere sempre più competitive le nostre merci? Cioè abbassare i prezzi rispetto agli altri e quindi il CLUP (costo lavoro per unità di prodotto) e che questo si abbassa tagliando stipendi e posti di lavoro? Ma di quanto, toccherebbe chiedersi, dobbiamo abbassarlo questo CLUP? Dipende! Se siamo un paese manifatturiero dobbiamo competere con gli stipendi della Cina, quindi per competere i nostri stipendi devono essere come quelli cinesi, quindi parliamo di 400-600 dollari medi al mese? Poco più, poco meno e questo che significa competizione ed esportopiùdeglialtri.
Sempre poi dando per scontato che il mondo si divida in paesi esportatori e paesi importatori, ovvio che se tutti decidessero di svilupparsi esportando cominceremmo ad avere grossi problemi a meno che non si apra il mercato marziano…
Ebbene Mori ha ragione, la competizione è per le bestie e noi non vogliamo essere bestie! (oppure si?) Fermiamoci e cerchiamo di cambiare rotta, troviamo una rotta che ci riporti ai valori, alla cooperazione e al dialogo. I mercati non sono necessari, almeno non così necessari da essere messi prima degli esseri umani e lo spread può pure indicare qualcosa (finanziariamente) ma non indicare il tenore del mio benessere (realtà).
È una strada difficile ma è l’unica, ed è bene che si sappia. Non serve scervellarsi per trovare il modo di cambiare la lampadina, serve invece capire perché lo Stato italiano non permette di farlo, lo rende difficile e a volte impossibile. Eppure la comunità ne ha bisogno, quella strada buia crea disagio, attira spacciatori e allora come è possibile che un bisogno reale non possa essere soddisfatto in un mondo dove la moneta non è più legata all’oro dal 1971 (e non da ieri quindi), e quindi se è possibile crearne secondo le necessità, che significato ha la frase: mancano i soldi. Ah già, che stupido … se di soldi ce ne fossero in giro quanti ne servirebbero, cioè se non fossero scarsi, allora non esisterebbe la disuguaglianza (attenzione, quella certificata da enti come OXFAM non dall’Unione Sovietica).
Insomma, in un Paese (o in un mondo) che potremmo ricoprire di lampadine a risparmio energetico, colorate, bianche e persino a pois e pieno di gente disposta a lavorare, capace e persino bisognosa di lavorare … non si può fare le cose che servono ma solo quelle che qualcuno è disposto a finanziare.
Sto forse parlando difficile? Sto solo dicendo che se io ho il controllo della moneta in un sistema monetario, cioè basato appunto sulla moneta che mi serve per poter scambiare le cose, far funzionare le aziende, pagare gli stipendi, costruire gli ospedali, pulire le strade e pagare le pensioni… allora ho nelle mie mani lo strumento migliore per farla da padrone. Se rendessi “democratica” la moneta, se ne mettessi in circolazione quanta ne servirebbe e solo perché… serve… allora perdo tutto il potere. Quindi il potere si crea con la scarsità, e l’ignoranza di chi pensa che non ci sia mai stato il 1971 e che la moneta sia ancora una merce legata (e come) all’oro.
Mi dispiace, ma è veramente semplice così come l’ho detto e come lo dice Marco Mori. Mi dispiace perché sarebbe più facile farlo accettare se fosse più difficile. La mente rifiuta una soluzione così semplice, ma è così, ripeto.
E questo non è un segreto, lo dimostra anche la BCE che è capace di “sfornare” in un paio di anni 2.000 miliardi di euro con l’operazione (nome in codice) Quantitative Easing e lo dice persino il governatore della BCE (Mario Draghi), pubblicamente, affermando che “i soldi non possono finire”, “siamo pronti a tutte le emergenze”. E lo dice Ben Bernanke, ex governatore della FED e chi ha governato la Banca d’Inghilterra. Non è un segreto, quindi prendiamone atto e smettiamola di discutere sul “è o no possibile”, passiamo alla fase successiva, quella che prevede l’impianto di un sistema diverso.
E allora Mario Draghi, se ne hai tanti, se non possono finire, se sei pronto a tutte le emergenze: dacceli questi soldi. Dobbiamo cambiare la lampadina al lampione!
Ma forse voleva/doveva aggiungere: “si i soldi ci sono ma li diamo solo per salvare le banche, “per favorire la finanza”, “per quegli 85 superfortunati che detengono quanto 3,5 miliardi di persone” e così via dicendo. Voi cittadini europei non fate parte dei nostri progetti e non siete nemmeno nel nostro futuro (vedasi flussi migratori sostitutivi).
Nel nostro mondo nulla è scarso ma ogni cosa lo diventa per produrre guadagno e allora anche i valori diventano scarsi, i figli sono un costo, la vita scende sotto la soglia della dignità. E come si fa a voler ricoprire una carica politica se non si dice di voler combattere questa situazione che va combattuta a tutti i livelli istituzionali e quindi anche dai Sindaci e dalle città?
Perché sono le comunità che si devono svegliare e forse ricreare intorno a dei valori ed è per questo che bisogna agire, comunicare, spendersi. E se senti di doverlo fare probabilmente lo fai sapendo di combattere contro i mulini a vento e lo accetti. Ma quello che non accetti, forse, è di fermarti una volta iniziato il percorso. Di andartene a dormire mentre la nave procede con l’orchestra che suona contro l’iceberg.
Vai Marco, ti vogliamo così!
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